LA FESTA DI HALLOWEEN E LA SICILIANA FESTA DEI MORTI (discorsi fra bambini di mezzo secolo fa).

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Quatre Bornes Gli ultimi giorni d’ottobre, la bambina notò che c’era, in tutti i suoi coetanei, una strana frenesia, un’attesa insolita di qualcosa d’entusiasmante, ma di cui lei ne rabbrividiva, perché non aspettavano altro che il giorno dei morti.

Un ragazzino se ne accorse e prese a dirle:

Babba, di chi ti scanti? Ti pottuno i jucattoli! (Sciocca, di che ti spaventi? Ti portano i giocattoli!).

– Chi, i morti? Quelli morti per davvero?

Allora comu pa’ finta? Tu pirò cià pripari l’altarinu. (Allora come per finta? Tu però gli devi preparare l’altarino).

– Come si fa? No, non me lo dire, tanto non ci provo neanche.

Babbazza, ti dissi ca non t’ha scantari. Ascuta: ci appari na’ mappina janca o ‘n fazzulettu, ma jancu a jessire pi fozza. (Sciocchina, ti dissi che non ti devi spaventare. Ascolta: ci stendi una tovaglietta bianco o un fazzoletto, ma deve essere bianco per forza.)

Ada era allibita, ma l’altro continuava tranquillo:

Ci addumi ‘n luminu, ci dici quattru prijere e cia dumanni chiddu ca voi purtatu.  Appoi, nta nuttata, quannu dormi e mancu i senti, arrivunu cchi riali.( Ci accendi un lumino, ci reciti quattro preghiere e gli chiedi quello che vuoi portato. Poi durante la nottata, quando dormi e neanche li senti, arrivano con i regali).

– I riali me li ha sempre portati la Befana.

Chi Befana e Befana, chidda è na cosa ‘nventata comu Babbo Natale, ca è babbo pi davvero. I morti, ‘nveci, ca pottuno i jucattoli ci sunu di sicuru. Non tu fanu leggiri ‘nti libri di scola picchì è cosa ca succedi sulu in Sicilia. Ma megghiu accussì, ca no sapi nuddu, accussì non su ponu insignare. Tantu jè sicuro: a mo’ patri i cosi pi jucari ci purtavunu i motti e magari a mo’ nannu. Sempri accussì a statu.(Che Befana e Befana, quella è una cosa inventata come Babbo Natale, che è scemo per davvero. I morti, invece, quelli che portano i giocattoli ci sono di sicuro. Non te lo fanno leggere nei libri di scuola perché è una cosa che succede solo in Sicilia. Ma è meglio così, che non lo sappia nessuno, in modo che non lo possono imparare. Tanto è sicuro: a mio padre le cose per giocare gliele portavano i morti e anche a mio nonno. Sempre così è stato.)

– Il mio nonno qualche giorno prima dei morti mi faceva preparare una zucca con la faccia da scheletro per farli spaventare.

Chi cosa bestia! E si i fai scantare chi ci venunu a purtariti i cosi. Tu l’ha prijari invece.  Poi quann’è jornu a gghire u cimiteru pi dirici grazie, s’allura s’affennuno. (Che cosa stupida! E se li fai spaventare non ci vengono a portarti le cose. Tu li devi pregare invece.

– Io non ci vado mai al cimitero, mi  spavento, mi scanto, come dici tu.

Allura sì proprio persa! I morti ca venunu ni tia su cristiani da to famigghia, ca magari canoscevi o iddi conoscevano a tia o a to patri o a to matri. Chi ti scanti di jre o cimiteru, cià jre pi rispettu! (Allora sei proprio persa! I morti che vengono da te sono persone della tua famiglia, che magari conoscevi o loro conoscevano te o tuo padre o tua madre. Ma che di spaventi di andare al cimitero, ci devi andare per rispetto!).

– Vale anche se erano morti picciriddi? Conosco una morta bambina, magari se venisse lei mi scanterei di meno.

Tu si propriu chiusa i testa. I picciriddi i jucattoli si tenuno pì iddi, chi ti portuno a tia! Ti piacissi esseri motta e per di chiù senza potiri jucari? I megghiu motti pì fare i riali su i motti vecchi. Chiddi anu campatu accussì assai ca poi su cuntenti di moriri e nun anu ‘mmiria di cu è vivu e si voli addivettiri. Poi, a propositu du cimiteru, di chi ti scanti? Ha visto chi  beddu u giornu di motti tuttu ciurutu ca pari ‘n  jardinu? I tombi tutti janche e puliziate, i lumini addumati, tutti i cristiani ca furriunu tunni. Ju m’addivettu, u cimiteru mi pari na festa! (Tu hai proprio la testa chiusa. I bambini i giocattoli se li tengono per loro, non li portano a te! Ti piacerebbe essere morta e per di più senza potere giocare? I migliori morti per fare i regali sono i morti vecchi. Quelli che hanno campato così assai che poi sono contenti di morire e non hanno invidia di chi è vivo e si vuole divertire. Poi, a proposito del cimitero, di che ti spaventi? Hai visto com’è bello il giorno dei morti tutto fiorito che sembra un giardino? Le tombe sono tutte bianche e pulite, i lumini accesi, tutte le persone che girano intorno. Io mi diverto, il cimitero mi sembra una festa!).

 

Così le raccontò quel ragazzino sulla strada mentre si faceva buio e lei alla fine se ne andò poco convinta e in tutta fretta.

Tratto da “Le foto salvate” (Tosca Pagliari)

IO SONO (Quando l’identità è fanciulla)

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IO SONO

Io sono me

e un altro uguale non c’è

non lo trovi neanche a girare tutto il mondo

non lo trovi né in cielo né nel mare più profondo.

Io sono il mio viso

il mio sguardo, il mio sorriso.

Io sono i miei pensieri

e tutti i miei desideri.

Io sono le mie paure

i miei sogni e le mie avventure.

Io sono tutte le mie sconfitte e le mie vittorie

io sono una storia tra migliaia di storie.

Io sono la pace e la baruffa

 il mio silenzio e la mia smorfia buffa.

Io sono la quiete e la tempesta

sono io dai miei piedi alla mia testa.

Io sono il bambino che

adesso

guardo  riflesso

nello specchio e quello

ancor più bello

 che riconosco

nel mio animo nascosto

dove tutto il mio amore è riposto.

La maestra*

* Tosca Pagliari

N.B.   Scritta per trattare il tema dell’identità non trovando nulla di già pronto che mi potesse risultare utile. Sarà stato fatto di necessità virtù? Si vedrà.