ALBERO GENEALOGICO (RADICI DEL CIELO)

I figli li generi dalle radici

li sviluppi nel tronco

e li mostri al cielo

spalancando rami.

Rami che bucano il cielo

intrecciano nidi

covano ali nuove

e volano alti

nello splendore

del loro tempo.

E resti ad aspettare

un frullo

e una fugace posa

intanto che le radici

s’appigliano forti

sfidando gli anni

intanto che ridi e piangi

e piangi e ridi

scambiando un ricordo

con un desiderio.( Tosca Pagliari – gennaio 2021)

I SOGNI

Si dorme

e si sogna.

Strani i sogni

nascono da soli.

Sono l’inconscio?

Sono il presentimento?

Sono l’incontro con un’ altra dimensione?

Sono il trasporto in una realtà parallela?

I sogni si fanno e si disfano da soli oppure

sono folletti che annodano il vero all’immaginario?

Non trovo risposte sicure,

ma so che sogno

ed è come affondare

e riemergere in un altro mondo,

è come un respiro e un’apnea

un morire e un rivivere

un vestire e un denudare

un alimentarsi e un digiunare

un impazzire e un rinsavire

un trapassare

un doppio esistere.

Se sono io

sono anche i miei sogni.

E i sogni sono la spia

di quel che nel reale sfugge

sono il suggerimento del segreto

sono il promemoria dell’evento

sono la contraffazione del tangibile.

I sogni sono essenze sfuggenti

che si sciolgono in un risveglio

si dileguano in uno spiraglio di luce.

I sogni sono ingannatori della mente

sono illusionisti spregiudicati

sono lesti, sono scaltri

non si fanno acciuffare.

Non serve stare all’erta

o tendergli trappole

si può solo lasciare che evolvano,

basta solo permettergli

d’ affascinarci

d’ abbandonarci

di spaventarci

di rincuorarci.

Basta lasciarli stare

così come sono

mentre appaiono misteriosi

e svaniscono solitari

tra gli occhi appena schiusi

che si guardano intorno perplessi

alla ricerca di nuovi punti di riferimento.

Tanto i sogni nascono

e poi muoiono

forse senza neanche accorgersi

d’essere esistiti.

(Tosca Pagliari trasognata – dicembre 2020)

TRE DICEMBRE MILLENOVECENTO-SETTANTRE’

Corsa,

minigonna a pieghe

sotto il cappotto spalancato.

Corsa,

dieci lire

di foglio protocollo a righe

per la bella

dieci lire per la brutta.

Corsa,

peso di libri

e di vocabolario di latino.

Corsa,

fumo di fiato

in aria fresca

e capelli che si spettinano.

Corsa,

suono di clacson

fiat coupè bianca.

Si ferma la corsa

impazza il cuore

in corsa

non conosce più ritmi

non trova più limiti.

Corsa,

auto in corsa

sgommata di ruote

sull’asfalto brumoso

libri abbracciati

sul cuore che schianta.

Fermata

spiazziale della littorina

angolo riservato

con tenda d’alberi spogli

fischio di treno in arrivo

pieno di

libri e gioventù

in corsa verso la scuola.

Corsa di treno che riparte.

Auto in sosta.

Si farà tardi

tremendamente tardi.

I volti si accostano

le labbra

il sapore nuovo

del bacio

dolciastro

schiumoso

tabacco e menta

il cuore s’arresta

il tempo si liquefà

in una bolla

e si solleva

sconfina

nel tutto

nel nulla.

Guance in fiamme

la felicità non ha peso

non ha forma

non ha nè ieri

nè domani

solo l’eterno adesso

che evapora

diventa universo.

E via

di corsa!

Corsa di ladra

di pregiato bottino.

Corsa,

già la campanella

si sente da lontano.

Corsa,

si farà tardi,

si farà in qualche modo.

La classe

le scuse

gli occhi due lampade

abbaglianti.

La versione già alla lavagna

il banco, i libri

venti lire di fogli protocollo

a righe spiegazzati.

Di corsa

tocca iniziare

mentre il cuore

ancora scherza

ha battiti di zoccoli

di cavalli sciolti.

“Marius et Sylla”

ecco l’incipit del compito.

Tra le righe un nome

un nome

in tutte le declinazioni

perchè la vita è strana

ma ti parla, ma te le dice

le cose, te le anticipa

se solo potessi capirle

al momento che vanno capite.

Invece è una corsa

una penna che scorre lesta

su venti lire

di fogli di carta protocollo a righe

stropicciati in un bacio

alle otto di mattina.

( Tosca Pagliari – 3 dicembre 2020)

DISCONNESSIONE

Oggi s’è fatto già buio

e non ho scritto alcun pensiero.

È che saranno rimasti a dormire

i miei pensieri creativi

sul guanciale caldo stamattina.

Sicché ho scollato la testa

dal morbido contatto

e loro non mi hanno seguita.

Sapevano

che li avrei trasformati

in affanni

così stanno quieti

trincerati

nell’inconscio del sonno

e mi duole scuoterli.

A volte bisogna

lasciare che la testa

si disconnetta da mani e piedi

e diventi lieve

come un palloncino

evaso oltre le nubi

in un cielo blu

che non conosce la notte.

( Tosca Pagliari – dicembre 2020)

DECENNI DI STRADE

Cammino

decenni e decenni

di strade imboccate

per scelta

o percorse

per caso.

Un passo al giorno

migliaia e migliaia

di chilometri

sempre più stanchi.

Prendo e perdo

perdo e prendo.

All’inizio afferravo avida

poi dovetti imparare

a lasciare andare.

Non so quanto

ancora camminerò

né dove arriverò

né quando arriverò.

Penso che stia attraversando

un circuito strano

e l’arrivo

si ricongiungerà

con quella partenza

che fu il mio primo arrivo

qui

in questo luogo del mio tempo.

Non so cos’altro avrò

e non voglio pensare

a ciò che ancora

potrebbe venirmi a mancare.

Intanto cammino.

Vado pellegrina

vado dritta

svoltando ad est

ogni mattina

per incontrare

il sole nuovo

e per avanzare

di un altro passo.

(Tosca Pagliari – dicembre 2020)

ODORE DI DICEMBRE

C’è il sole

che accompagna l’odore di dicembre.

È odore di legna che si dilegua in fumo

di umido che esala verso il cielo

di agonia di foglie marcite

di aria pungente.

E poi è l’odore stantio

di ciò che vuole tornare

ma non può

è l’odore rarefatto

di scatole riaperte

e subito richiuse

perché nulla

possa fuggire.

irrimediabilmente.

(Tosca Pagliari e la somma di un altro dicembre – dicembre 2020).

STABILE/instabile

Ho bisogno

d’un mondo stabile

almeno un po’

più stabile.

Invecchio

m’ irrigidisco

l’elasticità

delle mia membra

è in fuga

insieme all’elasticità

della mia mente.

Ho bisogno

d’un mondo stabile

che non cambi

che cambi poco

che cambi lento.

Il logorio

del continuo adattamento

mi corrode come acido.

Ho imparato

disimparato

reimparato

reimpostato

resettato.

Ho fatto e disfatto puzzle

ricombinato ipotesi

riassemblato valori

rivalutato giudizi

riconfrontato pareri

liquefatto sostanze.

Ho rigirato le pagine

e rincorso realtà virtuali.

Ho scomposto

e ricomposto

ogni mio neurone

per intendere il senso

della dematerializzazione

ma non sono capace

di digerirne la forma.

Ho bisogno d’un mondo vero

e stabile.

Sto invecchiando

divento nostalgica

prendo mosse di gambero

e cerco d’andare a ritroso

nel tempo che fu:

un tempo che percepivo

lento

e stabile.

Ho bisogno di quel tempo

eppure non mi arrendo

procedo in avanti

sforzandomi

di tenere il passo

con vecchi piedi

dentro scarpe nuove.

( Tosca Pagliari in lotta col mondo – novembre 2020)

LA MIA CASA

Ho una casa che non è più mia,

io non ci sto più dentro,

ma lei sta dentro di me.

Non so a chi appartenga

adesso,

ma lei,

è certo,

non appartiene ad altri

se non a me,

perché solo io

ormai

sono rimasta

per averne memoria.

Ci sarà altra gente

ad abitarne le mura,

ma non la casa.

Ci sarà altra gente

padrona di stanze

tetto e infissi,

ma non della casa.

La casa appartienea chi se la porta dietro

nel tempo

nei ricordi

del proprio vissuto.

Ho una casa

che dicono

non sia più mia

ma io ci entro

tutte le volte che voglio.

Quando mi capiterà

di passarci davanti

lei,

la casa

mi saluterà

perché me soltanto

avrà riconosciuta.

(Tosca Pagliari proprietaria di inestimabile diverso immobile

– novembre 2020)

IL FIUME E IL MARE

Vado come il fiume al mare.

Scorro sempre più veloce.

Ci fu il tempo della sorgente

fresco zampillo

di schizzanti risate

e lo scendere lieve

tra le margherite d’aprile,

ma anche il sasso

e il dirupo

e lo schianto fragoroso

della cascata.

Ora vado

tra acque turbinanti.

Vado come il fiume al mare.

Scorro sempre più veloce.

Ci fu il tempo della diga

del ristagno delle acque chiuse.

Fu il tempo quieto

dove si generò

e si raccolse

in quel tempo fermo.

E fu fermento

che squarciò le paratie

fu acqua fuggita impazzita

e nessuno riuscì

mai più a frenarla.

Così vado

come il fiume al mare

in corsa consapevole

ma non rassegnata.

Il mare sta lì e aspetta

lo sa

che ogni fiume nasce

per diventare mare

nell’infinito mare.

( Tosca Pagliari in pensieri e immagini prima del sonno-novembre 2020).

I MORTI NON TORNANO

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I morti non tornano

forse non sono mai partiti

abbiamo solo smesso di vederli e di sentirli

perché siamo diventati

ciechi e sordi dal dolore.

I morti non tornano

non tornano mai

forse hanno smarrito la strada

nel buio pesto del nostro dolore.

I morti non tornano

forse non vogliono tornare

hanno paura d’attraversare

il mare del nostro pianto.

I morti non tornano

forse non possono tornare

restano legati dalle grida

della nostra mancata rassegnazione.

I morti non tornano

nessuno li ha mai sentiti bussare

alla porta di casa

ma qualcuno ha sentito

il loro battito alla porta del cuore.

( Tosca Pagliari – vigilia del giorno dei morti 2020)